Andrea Bardelli

"HAGAKURE"

"Sono stato fortunato. Ho impiegato appena vent'anni per capire.

Eppure il sospetto che fossero soltanto i deliri d'un giapponese con addosso più anni di quanti ne sapessi contare non m'assalì neppure un momento, nonostante il suo imbarazzo nel descrivere la realtà in una lingua che non gli apparteneva e una propensione alla riservatezza che avrebbe scatenato inesauribili congetture. E nonostante all'epoca avessi la statura d'un topo e nessuno m'avesse spiegato il motivo per cui un mattino mi fossi risvegliato mezzo assiderato, steso sopra a una pietra che pareva un altare, lontano da qualunque forma potesse apparirmi lontanamente familiare.

La sua discreta dedizione nei miei confronti e la misura che adoperava nell'occupare lo spazio mi persuadevano a fidarmi di lui, m'inducevano a trascrivermi sulle mani i mozziconi di discorsi che rapinavo dalle sue labbra raggrinzite all'imbrunire, convinto che prima o poi da quell'inchiostro sarebbero scaturite metamorfosi miracolose, come avviene con quei rompicapo da fissare ininterrottamente finché non svelano l'arcano invisibile ad un'occhiata superficiale.

Così giustificai a me stesso, all'età di dodici anni, quel repentino ingresso dentro un universo vergine che ignoravo da che verso guardare, accettandolo come l'unico drastico espediente per affrancarmi dalla consuetudine del conosciuto e divenire libero d'attribuire al reale l'insieme dei significati assumibili. Decifrare il mistero del mio trapasso in quel mondo rovesciato divenne una preoccupazione trascurabile nel volgere d'una minestraccia arrangiata col favore dalla luna, e con scarsi rimpianti scelsi d'accodarmi all'uomo che m'accudì con premura nel corso di interminabili stagioni, accontentandosi di ricavarne in cambio niente più del mio docile sorriso.

Mi diventarono strette svariate paia di scarpe mentre lo seguivo disciplinato nelle sue perlustrazioni attraverso latitudini ed ere improbabili persino da concepire, attaccato alla sua ombra, senza contestare neppure uno dei suoi ammaestramenti e ciononostante senza riuscire ad appropriarmi dell'intellegibile né a penetrare il segreto degli elementi, a differenza di lui, che del resto non ebbe mai la pretesa d'obbligarmi ad assecondare i suoi ragionamenti. Notte dopo notte mi costringevo a vegliare, barcollando al suo fianco pur di non coricarmi, mentre i vapori dei nostri pensieri si mescolavano col fumo delle braci, riparati sotto una coltre sterminata di stelle. Non sono mai stato così simile all'etere come allora.

Una sera d'estate mi tenne in piedi a discutere più di quanto usasse fare. Un'espressione affranta, con cui m'accoglieva alla stregua d'un dolore, scuoteva l'equilibrio dei solchi che come radici d'esistenza gli percorrevano il viso. Mi raccontò che il bene e il male, come ogni altro assoluto ad eccezione della morte, sono concetti opinabili. Mi esortò a non prestare fede a niente che mi venisse imposto, e viceversa a dispormi al sacrificio per difendere la mia verità. Mi confidò che ogni essere umano è artefice della sua sorte, nonostante gli convenga negarlo e preferisca convincersi del contrario. Poi nel silenzio mi strinse le mani a lungo, pregandomi di chiudere gli occhi come faceva lui, biascicando una cantilena che si consumò al vento. E con inconsolabile amarezza compresi che l'avevo di fronte per l'ultima volta.

Quando il giorno successivo i primi bagliori mi trafissero le palpebre, m'accorsi d'essere precipitato dentro la stessa stanza d'infante da cui m'avevano strappato alcuni anni addietro. Rammentavo con precisione ogni palmo della mansarda odorosa di cenere, senza tuttavia riconoscere niente su cui mi s'appoggiasse lo sguardo. In quella collezione di relitti, identici a come erano stati lasciati, scoprii tra le lacrime d'essere il solo intruso, l'unica alterazione sensibile d'un cosmo rattrappito, con qualche pollice in più in altezza e una pressione d'origine ignota ad avvelenarmi il petto.

La stessa che mi opprime ancora adesso, quando invoco il nome di Hagakure, vent'anni dopo il mio ritorno".

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Tecnica manipolatoria su rivestimento di stampe digitali in carta fotografica opaca 24x36 cm